US OPEN 2012: Roddick, saluta il tennis giocato
L’americano perde 67 76 62 64 con Del Potro e saluta il tennis giocato davanti al proprio pubblico, quello che l’ha visto trionfare nel 2003 nel suo unico Slam vinto. Da New York, Ubaldo Scanagatta e Massimiliano Di Russo
Bye bye Roddick. Fra le lacrime sue e il pianto dirotto, incontenibile, della bellissima mogliettina Brooklyn (Decker) Andy se ne va, sommerso dai drittoni implacabili di Juan Martin Del Potro 6-7,7-6,6-2,6-4 in 2 manches e 3 ore e 15 minuti. E se ne va con 32 titoli ATP, 1 Slam e altre 4 finali major, 9 finali Master Series/1000 con 5 successi, 13 settimane al numero 1, nove stagioni chiuse in top 10.
Lascia, a testa alta, altissima, il tennis cui tanto ha dato e da cui tanto ha preso, dopo un ritiro annunciato a sorpresa il 30 agosto nel giorno del suo trentesimo compleanno, senza riuscire a fare l’uscita trionfale di Jimbo Connors come certo sarebbe piaciuto ad un campione orgoglioso come lui.
Connors compì rimonte più che memorabili davvero epiche contro Patrick McEnroe, Aaron Krickstein e Paul Haarhuis nel ’91, quando Andy aveva 9 anni e lo guardava ammirato in tv sognando di emularlo.
Ricordo bene quando i giornali americani, celebrando le prime vittorie sorprendenti del diciannovenne ragazzone del Nebraska su Sampras e Agassi, lo ribattezzarono come “The New Messiah of the American Tennis”.
Roddick non ha avuto la carriera di Sampras e Agassi, ma è stato il n.1 americano per un decennio (con qualche breve parentesi occupata da Blake o Fish), ha vinto un US Open ed è stato n.1 del mondo per 13 settimane (una più di Becker) ed è incappato in piena epoca Federer che gli ha soffiato 3 chances.
Mai avevo visto Roddick servire mentre piangeva. Ed era tutt’altra vicenda quella in cui Pete Sampras servì piangendo (e mettendo a segno anche aces che Courier ancora ricorda più vividamente del sottoscritto) in Australia, subito dopo che uno spettatore vedendolo in difficoltà (sotto 2 set a zero) gli gridò: “Do it for Tim!”. Tim era Gullikson, il suo allenatore colpito a morte da un tumore al cervello.
E’ stato un match di grande emozione per tutti, per gli spettatori, anche per noi giornalisti (incluso il vostro…che quando poco fa ha posto una domanda a Andy ha provocato una sua reazione immediata che ha fatto ridere l’affollatissima sala stampa: “I was hoping you would jump in…” Speravo tu intervenissi!”) e naturalmente anche per il suo avversario argentino.
Juan Martin Del Potro, che a fine incontro non ha quasi voluto parlare…”E’ il suo giorno…parlate con lui” diceva indicando con la racchetta Andy, aveva già messo fine alla carriera di Marat Safin. E ora Roddick. Quando si dice un vero giustiziere! “Safin era uno dei miei idoli…e l’ultima volta che avvo giocato sull’Arthur Ashe Stadium era stato contro Federer…Oggi Andy ha giocato l’ultimo punto della sua vita, La folla era incredibile per tutti e due, è stato emozionante, ma non era facile per me giocare. Ho dovuto chiudere il match con il mio servizio. Ero nervoso, ma anche lui ha fatto alcuni errori e poi è diventato più facile per me…un match incredibile comunque! Voglio congratularmi con lui perché ha fatto una carriera incredibile” concludeva l’argentino di Tandil che ora dovrà giocare contro Djokovic per confermare il risultato che all’ultimo Wimbledon gli ha garantito la medaglia di bronzo dopo la finale per il terzo posto.
Per buona parte della sua vita di teenager e tutta quella di adulto Roddick non ha fatto altro che sparare palline gialle al di là di una rete. Così ha girato il mondo, guadagnando un sacco di soldi, molto più dei 21 milioni di dollari ufficiali di premi (Babolat, Lacoste fra gli ultimi sponsor, ma ne ha avuto a dozzine, e le esibzioni non le ho contate, così come i match di Davis con tanto di gettone: 100 milioni di dollari in tutto?), a caccia di punti, di un ranking sempre migliore fino al n.1, risultati memorabili in mezzo a 32 tornei vinti con anche sconfitte altrettant memorabili (il 21-19 perduto con El Ayanoui in Australia, il 16-14 al quinto anch’esso perduto con Federer nell’epica finale di Wimbledon 2009), litigate non meno dimenticabili con gli arbitri, duetti aggressivi con i giornalisti (ne so qualcosa…).
Un ragazzo diventato uomo certamente intelligente, ricco di personalità (“Sono più bravo a trovare buone risposte che a creare qualcosa io stesso”), e un personagio anche particolarmente contraddittorio: un abile showman, ottimo intrattenitore, che pur globetrotter obbligato sarebbe rimasto volentieri a casa sua, e a Austin _ non a New York o a Malibù, posti molto più trendy _ si fermerà a coltivare la sua Fondazione. Un tipo piuttosto individualista, che però ha spesso dato il meglio di sé nelle prove a squadre, come McEnroe, come Agassi, altri individualisti…da squadra.
A 17 anni Roddick vinse il suo primo torneo, lui che fra gli juniores non aveva ancora fatto a tempo a fare il vuoto, anche se ricordo bene quando andai a vederlo sedicenne al Roland Garros in un campetto vicino all’entrata posteriore. Gran servizio, pazzesco già allora, ma sembrava limitato per tutto il resto.
Ha lavorato indefessamente per migliorarsi, è passato da un coach all’altro, da Benhabiles a Gilbert, al fratello, a Connors, a Stefanki, per imparare quel benedetto rovescio, per trasformarsi in attaccante seguendo anche quello tagliato ad una mano.
“Ora sono come travolto dalle emozioni, gli ultimi cinque gams sono stati particolarmente duri, quando ho subito il break non riuscivo quasi a guardare al mio angolo…normalmente reagisco abbastanza rapidamente, ma ora non mi sento così…”.
Bud Collins interviene, dall’alto dei suoi 82 anni e 49 US open consecutivi, per dire: “C’è una tradizione della stampa che non si applaudono nei luoghi della stampa (salvo che per i vincitori degli Slam…n.di UBS), ma tu lo meriti…”
_Thanks Bud
Applauso scrosciante.
E quando gli chiedono quale fosse l’aspetto più soddisfacente delle sue esperienze Roddick risponde: “Non sono bravo nello scegliere cosa rispondere a quste grandi domande: ho sempre affrontato le cose, credo, nella maniera più giusta…beh gli arbitri magari non saranno d’accordo…(risata) , ma sono andato sempre per la mia strada con una certa continuità, non credo di aver lasciato molto sul tavolo…”
Andy fa ridere ancora tutti quando rispondendo a un giornalista americano che gli chiede se si ricorda a 17 anni quando vinse un match a Delaryt Beach di sabato sera e una donna gli chiese si autografargli il petto “e tu gli rispondesti: ‘Non sono sttao educato a fare queste cose’?” e Andy: “Non avevo mai visto un seno prima, per essere onesto!”.
Poi descrive la sua ultima partita, le sue ultime sensazioni di tennista: “Ho giocato meglio quest’ultima settimana di quanto mi aspettassi. Come ho detto tutto quel che è successo in questi ultimi giorni era nuovo per me. Normalmente si provano emozioni personali, egoistiche. Se si gioca male ci costa qualcosa, se si gioca bene si ricevono grosse cose. Questa è stata un’esperienza più grande ancora. Non c’erano punti per il ranking, assegni, o altro. Era divertente. Ero come un ragazzino di 12 anni che gioca in un parco divertimenti. Era tutto estremamente innocente. Divertente. Mi è piaciuto”.
E a noi è piaciuto questo Roddick. Vero.
Fonte: www.ubitennis.com
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