Nadal conquista Roma
ROMA – Un raggio di sole umidiccio buca il tappeto di nuvole che galleggia sul Foro durante la premiazione, ma nell’attimo in cui Rafa alza per la sesta volta al cielo il trofeo di Roma, e poi lo mordicchia contento, ci accorgiamo che la vera luce arriva dai suoi occhi. Che volete farci, devono piacergli le serie, otto Montecarlo, sette Barcellona, sei Roma, sei Roland Garros. Mr. Imbattibile ha appena battuto Nole Djokovic, la terra rossa (non blù) è di sua proprietà, come i suoi possedimenti sull’isola di Maiorca dove da oggi tornerà a giocare a golf o a cuocere alla griglia qualche pesce di scoglio in attesa la settimana prossima di dare l’assalto al Roland Garros e pescare il settebello. Vendicata la sconfitta dell’anno scorso al Foro, vendicate soprattutto le sette sconfitte in sequenza del 2011 contro Djokovic, compresa l’ultima crudele e terribile agli Australian Open durata cinque set e quasi sei ore. Djokovic in questi ultimi giorni aveva giocato in maniera divina travolgendo prima Tsonga e poi Federer, ma ieri l’imitatore non è riuscito a imitarsi: 42 errori non forzati sono una cosa assurda per lui, così come chiudere l’incontro con la mestizia di un doppio fallo. Ha perso 7-5 6-3 in due ore e 21’, senza mai riuscire ad aprirsi il campo con il dritto e a fare la differenza con il lungolinea di rovescio.
«Ho avuto le mie occasioni, me le sono lasciate scappare e così alla fine ho perso meritatamente – ha detto alla fine Djokovic parlando a qualcuno come a se stesso – in ogni caso voglio rivedere la partita in Tv, così potrò capire meglio». Ci resterà malissimo perché il match – non fantastico ma intenso – è girato su una sola palla, roba da G.C. Jung. Primo set, 5-4 per Djokovic e servizio Nadal, 30 pari: scambio durissimo e Nadal in sofferenza quando un dritto sulla riga di Djokovic viene chiamato fuori dal giudice di linea, con conseguente intervento dell’arbitro e ripetizione del punto. Djokovic si dispera, si mette le mani nei capelli, stava comandando lo scambio e se avesse conquistato quel punto sarebbe andato a set-point. Invece si rigioca e da quel momento Djokovic stecca e sbaglia tutto fino a fracassare la racchetta per la rabbia, mentre Nadal mette in cassa cinque game consecutivi passando da una situazione di lotta feroce a un tranquillizzante 7-5 2-0. Djokovic non si riprenderà più. E cederà anche l’ultimo game, sul suo servizio, preferendo il suicidio sull’ultimo punto.
Nadal ha vinto con il dritto che frulla a 5 mila giri al minuto, vertiginoso come le pale di un mulino in un giorno di tormenta. E poi con le gambe, capaci di rincorrere anche l’impossibile. E’ stato anche aggressivo, Rafa, mentre Djokovic, oltre a usare troppo poco sia il contropiede che la palla corta, è andato via di testa, dimostrando che Superman esiste solo sui fumetti. Lui mentalmente è fortissimo, ma quel break di cinque game consecutivi nel cuore dell’incontro è stato un vantaggio troppo grande a un campione come Nadal.
«Ho vinto perché ho fatto sempre le cose giuste – ha detto invece Nadal, trionfatore del torneo senza perdere un set – perché ho difeso quando ero in affanno e sono stato aggressivo quando ho avuto la chance di attaccare, anche se poi la differenza l’ha fatta giocare alla perfezione tutti i punti importanti dell’incontro. Comunque, la sesta volta a Roma per me è speciale e adesso spero che questo trionfo mi dia la fiducia per vincere ancora anche il Roland Garros». Una cosa che brama anche Djokovic, vincitore degli ultimi tre Slam e invece sempre battuto a Parigi. Ieri non è stato il vero Djokovic, ma incroci, destino e fortuna hanno soffiato decisamente alle spalle di Nadal. Può capitare quando due fenomeni si affrontano in carriera per la trentatreesima volta.
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