DIARIO DA MELBOURNE / Diario da Melbourne 15/ Provaci ancora, “Fogna”!
MELBOURNE – Una bandiera tricolore appesa alla recinzione del campo 18 conferma che non bisogna più passare per la sala stampa per sapere dove si allenano i due azzurri rimasti in tabellone. E ricorda che negli Anni Cinquanta e Sessanta Melbourne era diventata la destinazione privilegiata degli emigrati che partivano da Veneto, Abruzzo e Calabria e che anche la nuova ondata di immigrati del Bel Pese, i cosiddetti cervelli in fuga, quelli che dallo scoppio della crisi finanziaria globale stanno lasciando la penisola alla ricerca di opportunità e stabilità, continuano a scegliere la capitale del Victoria più delle altre metropoli down under. Nonostante il clima pazzerello duri 360 giorni all’anno. Per preferirla a Sydney, Perth e Brisbane basterebbe il fatto che Melbourne è stata eletta negli ultimi 7 anni città più vivibile del pianeta. Ma poi a gennaio c’è anche l’happy slam. Che quest’anno è happy come non mai per gli azzurri.
La staffetta tra i due uomini che hanno scritto un aggiornamento della storia del tennis italiano – riportando due maschietti negli ottavi di un major quasi 42 anni dopo Parigi ’76 – avviene alle 12.28. Mentre Andrea Seppi chiude la mezz’oretta di riscaldamento in vista del match contro Edmund, al cancelletto si affacciano Franco Davin e Fabio Fognini. Via la discussa mimetica color melanzana, il numero 1 d’Italia si presenta in completino prevalentemente bianco. A parte il teschio sulla pancia e la scritta Melbourne. Due convenevoli con Massimo Sartori e il trentenne ligure scende in campo col sorriso delle giornate migliori. “Che noia, sempre qui a fare le stesse cose!” dice, rivolto verso la pattuglia di connazionali. “Vuoi fare a cambio?”, chiede qualcuno. Poi Fabio inizia a palleggiare col coach argentino, che 14 mesi fa ha preso il posto di Perlas dichiarando che il sodalizio poteva puntare alla top 10.
Obiettivo ancora lontanuccio ma non esattamente una chimera. Se e vero che l’annata è iniziata ad handicap per un po’ dei soliti noti (Murray, Nishikori, cui si sono aggiunti i convalescenti Raonic e Wawrinka) l’aggiornamento della race stagionale piazza Fogna al sesto posto della classifica 2018 assieme a Thiem, Cilic e Dimitrov. Tutti anche allineati al quarto turno degli Australian Open. Niente di nuovissimo, se e vero che Fabio c’è arrivato anche nel 2014. Quel che cambia davvero sono lo stato di forma e l’avversario, ergo le prospettive. Quattro anni fa Fabio incrociò un Djokovic talmente superiore che il match sulla Rod Laver arena si trasformò in una specie di esibizione tra vecchi amici: “Erano tempi diversi. Arrivai in Australia a corto di condizione, perche m’ero fatto male alla fine della preparazione e in India mi ero subito infortunato” – racconta Fognini -. “Feci in tempo a tornare a Tirrenia per farmi curare un fastidio al retto femorale, dopodiché venni a Melbourne e in qualche modo vinsi tre partite. Ma adesso la situazione è completamente differente: non solo sto giocando molto meglio e atleticamente sono a posto, ma non sento neanche addosso la pressione di dover a tutti i costi raggiungere un determinato obiettivo”.
L’obiettivo a questo punto è rimettere piede nei quarti di uno Slam, come nel 2011 a Parigi, quando gli servirono 4 ore e 20 minuti e 20 game nel solo quinto set contro Montañes, dopodiché Fabio alzò bandiera bianca prima di affrontare Djokovic. A proposito, nel giorno in cui Fabio fece il solletico a Nole sul centrale di Melbourne Park, Flavia Pennetta centrò per la prima volta i quarti in Australia. Una coincidenza che serve per ricordare che anche il tennis azzurro al maschile si sta togliendo parecchie soddisfazioni. “Finalmente anche gli uomini stanno facendo qualcosa di importante” – ammette Fognini -. “E per quanto mi riguarda, vincere qui vale doppio, perché in Australia ho sempre giocato male. In particolare il modo in cui ho vinto contro Benneteau mi dà molta fiducia”. E’ merito dell’età, dell’esperienza e della maturità. Anche se passati i trenta la testa va più veloce, ma le gambe cominciano a perdere qualche colpo. “Negli ultimi anni sto giocando meglio sul cemento che sulla terra. Se penso ai risultati ottenuti – dalla semifinale di Montecarlo ai tornei 500 e 250 vinti sul rosso – non sempre sembra il caso, ma in realtà giocare su questa superficie m’è sempre piaciuto. Sara anche l’età, nel senso che sono più sveglio e so leggere in anticipo le intenzioni dell’avversario. Fatto sta che il cemento mi piace sempre di più. Aggiungi anche che quando sto fisicamente a posto mi muovo bene e il tennis mi viene facile,ed ecco spiegato perché in campo mi sento bene, perché gioco come devo e soprattutto perché sono contento”.
Contento non significa accontentato. Ma quanta benzina resta in corpo dopo la due giorni rovente? “Effettivamente sono un pochino stanco” – ammette Fognini – “perché la settimana scorsa a Sydney ho giocato partite molto intense e perché il doppio mi ha massacrato. Io e Granollers eravamo in vantaggio 64 6-5 30 pari e lì ho anche servito bene, ma abbiamo perso quel punto e quel parziale e nel terzo gli avversari sono saliti tanto e mentre noi siamo calati altrettanto. A me il doppio diverte molto. Ma siamo avanti nel singolo ed è quello che conta”. Diverte molto, dice Fabio. Senza menzionare che proprio su questi campi ha sollevato un trofeo dello Slam assieme a Simone “Chicco” Bolelli. Ora il percorso a ostacoli – nel tabellone che conta – prevede Berdych. “La palla pi§ lenta arriverà a 200 all’ora, per cui mi toccherà correre ancora. Ma con Tomas me la gioco. È tutta la carriera, tutta la vita, che mi alleno per arrivare a disputare partite così e per giocarle alla pari e provare a vincere contro un tennista che e stato a lungo top ten. E che come livello di gioco è ancora lì. Ci proveremo”.
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